Ciò che balza agli occhi, in questo periodo di pandemia da
SARS-CoV2, è l’attenzione tutta concentrata sulla risposta farmacologica e sui
vaccini, alla malattia COV-19, sia da parte del sistema sanitario che dell’opinione
pubblica. L’ossessivo martellamento mediatico sui dati quotidiani dei
contagiati, del numero di tamponi effettuati e del triste dato dei morti,
alimenta il senso di impotenza, frustrazione e paura nelle persone, e non aiuta
a comprendere ciò che è possibile fare per migliorare il nostro stile di vita e
di conseguenza il nostro stato di benessere.
Ingenti risorse sono state messe a disposizione dall’Italia
e dagli stati occidentali per la produzione del vaccino, nulla è stato fatto a
livello di prevenzione, intendendo con questo termine una vera prevenzione
primaria, promotrice di salute.
Negli ultimi settant’anni abbiamo assistito nei Paesi occidentali
ad un aumento enorme delle malattie cosiddette del “benessere”. La maggior
parte delle patologie hanno come denominatore comune un’infiammazione cronica
latente di bassa grado. Malattie cardiocircolatorie e malattie metaboliche
(diabete, obesità), sono correlate ad un eccesso di cibi industriali
processati, acidificanti, infiammanti, carenti di micronutrienti e ricchi di additivi, conservanti,
zuccheri e grassi idrogenati. A ciò si aggiunga un ambiente progressivamente
intossicato da elementi chimici ed elettromagnetici, l’impatto ecologico della globalizzazione sugli
ecosistemi terrestri, un eccessivo consumo di farmaci, uno stile di vita
sedentario e dai ritmi biologici
alterati e stressanti.
Tutti questo alimenta la produzione di stress ossidativo, squilibra
la bilancia immunitaria e ha incide sulle capacità del nostro organismo di
mantenersi in equilibrio omeostatico, ciò
che noi naturopati definiamo “terreno”.
Se questo è il campo d’intervento, è evidente che una
medicina ecologica dovrebbe concentrare l’attenzione su come ritrovare l’equilibrio
dei nostri meccanismi di regolazione corporea, ottimizzando la risposta
immunitaria.
Le cause principali di decesso in Italia
Se diamo un’occhiata agli Indicatori Demografici ISTAT, le cause principali di decesso in Italia (gli ultimi dati aggiornati disponibili sono relativi al 2017, su un totale di morti pari a 640.480) è legato prevalentemente a malattie del sistema circolatorio. Tra ischemie, infarti, malattie del cuore e cerebrovascolari muoiono più di 230mila persone all’anno. In seconda posizione troviamo i tumori, che causano la morte di più di 180mila persone. I numeri tengono conto delle morti in tutto il territorio nazionale e di tutte le età.
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Nel periodo tra febbraio e novembre 2020 (dati Istat), si sono registrati 57.647 in persone positive al Covid-19, il 60% dei quali ultraottantenni (età mediana 83 anni). La maggior parte delle persone decedute, presentava 2 o 3 patologie croniche, in prevalenza cardiopatie ischemiche, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, ictus, ipertensione arteriosa, in piena coerenza con i dati delle cause di decesso annuali.
La spesa sanitaria e farmaceutica
Nel 2019, la spesa sanitaria pubblica è stata di 117
miliardi di Euro, nel 2016 era di 150 miliardi di Euro. Se diamo uno sguardo
veloce sulla sua composizione (dati 2016), scopriamo che la spesa si concentra
prevalentemente su tre funzioni principali: l’assistenza ospedaliera ordinaria
(28%), l’assistenza ambulatoriale
(22,4%) e i prodotti farmaceutici (17,8%). L’assistenza sanitaria dunque, è erogata in prevalenza dagli
ospedali (45,5% della spesa, pari a 68 miliardi), dagli ambulatori (22,4%, 33
miliardi) e dalle farmacie (16,7%, 25 miliardi). E
qui non mi soffermo sui fenomeni di corruzione, sprechi e inefficienze che qualcuno ha stimato
in un 5,6% annuo, corrispondente a circa 6-7 miliardi.
Quant’è la percentuale di spesa dedicata in generale alla
prevenzione? Irrisoria, il 4,37% (2018).
Nello stesso anno, la spesa farmaceutica totale, pubblica e privata, è stata pari a 30,8 miliardi di Euro, di cui il 76,4% rimborsato dal SSN, con un aumento sia di quella pubblica (+5,3%) che di quella privata (+7,2%). Questo non vuol dire che i farmaci chimici non siano utili, ma bisogna fare attenzione a non abusarne. E su quest’ultimo aspetto, l’AIFA segnala come il consumo, ad esempio, di antibiotici nel nostro Paese resti alto rispetto alla media europea anche a causa di un uso inappropriato (25% dei casi) di questi farmaci, mentre parallelamente crescono i casi dei batteri resistenti agli antibiotici, il cosiddetto fenomeno dell'antibiotico-resistenza.
Se questo è il quadro, non
sfugge come l’attuale organizzazione del nostro Sistema Sanitario Nazionale abbia
una connotazione “ospedalocentrica”. Tale connotazione, non ha retto alle
sollecitazioni dell’attuale pandemia. Non è mio compito e non ne ho le competenze
per delinearne le caratteristiche, ma è evidente che un servizio sanitario
moderno debba essere riorganizzato su base territoriale per rispondere meglio
alle cause di malattia che affliggono la popolazione, in prevalenza legate allo
stile di vita e ad una cattiva alimentazione, se non altro per razionalizzare e
distribuire meglio la spesa sanitaria nazionale, favorendo la vera prevenzione.
Bisogna inoltre considerare il
trend di invecchiamento della popolazione il quale, nei prossimi 50 anni, ne cambierà
la composizione demografica. Se da una parte le attese di vita crescono, dall’altra
si assiste ad un aumento delle malattie croniche e alle disabilità concentrate prevalentemente
negli ultimi 10 anni di esistenza.
La nutrizione, insieme allo stile di vita, giocherà un
ruolo fondamentale sia dal punto di vista preventivo che terapeutico nella
popolazione anziana che è particolarmente fragile e spesso presenta stati di
malnutrizione (soprattutto per difetto).
Prendersi cura di sé
dovrebbe essere insegnato fin da piccoli. Anzi, una prevenzione efficace
dovrebbe iniziare non solo durante la gravidanza, ma prima del concepimento,
dalla mamma e dal papà. In sostanza, la
prevenzione non è soltanto evitare le malattie, ma soprattutto prendersi cura
ed essere responsabili del proprio benessere.
Essere responsabili significa
maggiore consapevolezza del proprio corpo e attenzione ai segnali di allarme
che esso ci invia. Questa capacità si acquisisce con l’educazione alla
conoscenza e alla comprensione dei meccanismi fisici e mentali con i quali il
nostro corpo si esprime. Un mal di testa, un gonfiore intestinale, una
diarrea improvvisa, un afte, la difficoltà a prendere sonno, l’irrequietezza, i
pensieri che continuano a tormentarci, un dolore improvviso, ecc., sono dei campanelli d’allarme che ci segnalano che stiamo facendo
qualcosa che non va. Perciò dobbiamo chiederci: con quale cibo mi sto alimentando?
Assumo sostanze che mi fanno bene o male? Vivo in un posto salubre? Quanto
tempo dedico settimanalmente all’attività fisica? Svolgo un lavoro sedentario? Dormo
sufficientemente? Mi ammalo facilmente? Qual è il mio atteggiamento nei
confronti degli accadimenti della vita?
Possiamo scegliere di
star bene
Una medicina che
promuove la salute dovrebbe essere personalizzata e insegnare alle persone a
stare bene. L’educazione alla salute e ad una alimentazione più sana dovrebbero
rientrare nelle materie d’insegnamento fin dalle scuole primarie. Fornire gli
strumenti di conoscenza per prendersi cura di se aumenta la consapevolezza e
aiuta a fare le scelte giuste.
Noi possiamo scegliere di star bene e possiamo
fare molto, ad esempio: apportando le dovute correzioni al nostro regime alimentare, riducendo i cibi industriali e privilegiando gli alimenti freschi e naturali; eliminando alcune abitudini nocive (fumo alcolici, ecc.)
e iniziando a praticare quelle che ci fanno stare bene (attività fisica, camminate
all’aria aperta): migliorando la qualità e la quantità del nostro sonno, prendendo consapevolezza di come respiriamo, costruendoci
una vita sociale e affettiva piena e soddisfacente. Poi potremmo anche provare a ridurre - là dove è
possibile e con l’aiuto del medico - l’assunzione di farmaci di sintesi e
orientarci verso rimedi naturali.
Questa è la vera prevenzione,
vincente sia verso le malattie croniche che ci affliggono, ma anche capace di
difenderci non solo dal Covid-19, ma da tutti i virus che incontreremo nel prossimo
futuro. Serve una integrazione tra la medicina accademica e le discipline naturali, coniugando
le conoscenze scientifiche moderne con quelle appartenenti alle varie
tradizioni mediche, sempre a vantaggio e al servizio della persona.
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